Oggi mi sono sentita dire questa frase.
Va molto di moda, ormai, dire "tal disturbo non esiste".
Perché fa figo, perché fa alternativo, perché andare contro la medicina tradizionale, contro la psicologia, contro gli "esperti" ormai è di moda.
Informarsi prima di sentenziare
Mi viene da rispondere: attenzione a quello che dite, se non c'è prima una buona informazione alla base (e in quel caso, argomentate).
Personalmente, sono d'accordo col dire che, ormai, appena un bambino è "particolarmente attivo", venga quasi automatico definirlo "iperattivo".
In linea di massima non sono pro farmaco e , soprattutto, trovo qualsiasi etichetta diagnostica potenzialmente limitante.
Non sono però d'accordo sul negare un ' eventuale difficoltà.
Chi parla così ha mai lavorato con un bimbo definito "DISLESSICO"?
Se lo avesse fatto, dubito che avrebbe potuto non notare quante difficoltà, soprattutto nei casi gravi, si trovi lo stesso ad affrontare durante i compiti scolastici, le verifiche ecc.
"E' solo svogliato..."
Spesso questi bambini soffrono perché definiti dagli insegnati - e non solo- come "svogliati", "demotivati", non vedendo riconosciute le loro difficoltà, che invece si minimizzano.
Quando ad esse viene dato un nome, per esperienza, capiscono che se hanno quelle difficoltà a scuola non è perché sono stupidi ma perché c'è un motivo alla base!
In questo caso, dettato tra l'altro da basi biologiche, quindi, in qualche modo, con cause particolarmente concrete.
Poi possiamo parlare di varie modalità di trattamento, di compensazione, di quanto la diagnosi possa essere utile e allo stesso tempo "etichettante", di quanto a volte abbia senso comunicarla/ scriverla con una modalità piuttosto che con un'altra, ma tenendo conto che, come sempre, entra in gioco la soggettività del professionista e l'unicità della situazione.
Fornire i giusti strumenti: gli strumenti compensativi non agevolano a livello cognitivo MA rendono il compito "possibile"
Inoltre, chi parla così, forse non ha mai visto come, troppo spesso , questi bambini a scuola rischino di non essere aiutati come dovrebbero (e lo posso capire -non giustificare, però - pensando a come le maestre abbiano classi numerose e non vengano spesso aiutate dall'organizzazione del sistema scuola).
Se non ci sono gli estremi per un PDP (piano didattico personalizzato), che riconosce la possibilità al ragazzo NON di essere agevolato, ma di essere messo nella posizione di essere valutato tenendo conto di ciò che è , limiti e risorse comprese, e fornirgli degli strumenti compensativi che gli permettano di essere messo in condizioni di equità rispetto agli altri compagni, questi ragazzi rischiano di essere bocciati più volte (parlo per esperienza diretta, purtroppo), in quanto il loro modo di apprendere non viene riconosciuto!
Spesso e volentieri basta riconoscere la presenza di un modo di apprendere diverso da quello a cui si è abituati, che passa per altri canali, semplicemente fornire gli strumenti adatti allo studio e, messi nelle giuste condizioni, si potrà notare come questi ragazzi risultino anche più brillanti di tanti "non DSA".
Ciò che può sembrare a primo impatto limitante, discriminante a volte, può rivelarsi l'unico modo per tutelare il bambino in un sistema scuola che, a mio parere, lascia spesso a desiderare alla base.
Alice Righetti